Ankoku-Butoh
Una rubrica in cammino per l’Europa dentro al Butoh e alle sue sintesi, a cura di Simona Fossi
Il butoh è un teatro della revulsione, della convulsione, della contemplazione, della spastica pazzia, dell’amore e del dolore.
(Jean Baudrillard)
Con il termine Butoh, forma contratta di Ankoku-Butoh (Danza delle Tenebre), si definisce uno stile di teatro-danza d’avanguardia, nato in Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale, sviluppatosi negli anni ’60, conosciuto sulla scena internazionale soltanto vent’anni dopo e tuttora in evoluzione.
Di fronte ad una performance Butoh, ci si trova completamente spaesati, poiché esso esula dal concetto di danza, teatro o arte. Per certi versi disturba, è sgradevole fino all’oscenità e alla provocazione.
Corpi tesi e deformati in movimenti lentissimi, gesti minimi, espressioni bizzarre, posizioni goffe. Il danzatore non spiega nulla, non concede nulla: è uno sciamano nella rappresentazione di un rito. È il dramma portato alla dimensione del grottesco. La concezione stessa di spettacolo vacilla. Diversamente dalla danza occidentale, più o meno tradizionale, che è un mezzo per comunicare qualcosa verso l’esterno, nel Butoh la danza si trova all’interno del corpo. È una danza interiore.
Se si ama il teatro, non si può non apprezzare il Butoh, perché, nonostante la diversità di cultura e di intenti, si viene trascinati in un vortice di emozioni. Un tipo di performance che ingloba tradizione orientale ed avanguardia occidentale, spirito e carnalità, luce e tenebra.
Quello che si può fare con la fotografia per raccontare quest’arte, è immergervisi dentro, non limitandosi soltanto a documentare dall’esterno.
L’intento di questa rubrica è proprio questo, attraverso l’introduzione di artisti e performance storici e contemporanei.
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