Woyzeck o l’inizio del capogiro

[“Woyzeck ou l’ébauche du vertige” | di Josef Nadj | coreografia Josef Nadj | con Guillaume Bertrand, Istvan Bickei, Denes Debrei, Samuel Dutertre, Peter Gemza, Josef Nadj, Henrieta Varga | musiche Aladar Racz | designer luci Raymond Blot | direzione tecnica Alexandre De Monte | luci Lionel Colet | produzione Théâtre National de Bretagne, Rennes – Centre Chorégraphique National d’Orléans]
Josef Nadj, regista, coreografo ed artista poliedrico, è originario di Kanitsa, piccola regione ungherese all’interno dell’ex-Jugoslavia. Vive e lavora da tempo in Francia, dirigendo il Centre Coréographique National d’Orleans.
“Woyzeck ou l’ébauche du vertige” è uno dei suoi lavori più famosi, in replica ormai da ben 20 anni. L’ispirazione viene dal capolavoro incompiuto del drammaturgo tedesco Georg Büchner, che di quest’opera scrisse diverse bozze, nessuna delle quali definitiva. Si narrano le tragiche vicende del giovane soldato Woyzeck, che per disperazione e gelosia uccide la donna di cui è innamorato, Marie. Il tormentato protagonista incarna l’archetipo dell’eroe sconfitto, in un moderno “Otello”. Nadj riprende i personaggi e le tematiche, offre citazioni ed omaggi al testo di ispirazione, mescola l’ambientazione ad evocazioni contemporanee, uno su tutti il contesto bellico, reso sullo sfondo dalle immagini dei conflitti della ex-Jugoslavia.
Tutta l’azione si svolge all’interno di una scena stretta, una scatola sovraffollata dagli elementi scenici e dai danzatori presenti per tutto il tempo, anche se talvolta celati ed invisibili. La scenografia è una soffitta dimenticata: tavoli e assi di legno, pagliericci, sacchi, porte prive di cardini, statue di terracotta, e dappertutto legno sporco, vernice strappata, il marrone, la terra, l’usura. Nella miseria di questa stanza entra una luce fioca e caliginosa, che annulla definitivamente i contrasti, disegnando uno scenario poetico e triste, di forte impatto emotivo.
Lo spazio scenico, un tugurio claustrofobico senza uscita (le porte, in realtà, sono false), è l’emanazione stessa del tormento esistenziale del protagonista. Le immagini che ne vengono fuori, sembrano prese in prestito da un film muto consumato dal tempo, evocato dai ricordi.
All’interno di questa scena, si muove un’umanità deforme e grottesca; i sette performer si mostrano al pubblico ben diversi da ballerini accademici: goffi ed infagottati in ingombranti abiti, vanno alla ricerca di una gestualità esagerata, che ricorda il mimo ed il circo piuttosto che la danza. Si dà la massima importanza all’espressività anche se ogni singola azione è coreografata nei minimi dettagli: le figure si animano, si scambiano, si intersecano con una precisione millimetrica. Nadj prende spunto dalle arti marziali orientali per i movimenti bilanciati ed essenziali della sua coreografia. Si alternano amore, morte, guerra, povertà, gelosia. Eppure tutto si svolge attutito dalla delicatezza del misurato movimento degli attori. Coi lineamenti coperti da uno strato di argilla, le identità dei personaggi vengono negate: essi diventano dei fantocci dall’umanità fasulla, statue che si animano, golem sudici usciti da uno scantinato senza luce.
Giri e capogiri, visioni oniriche ed atmosfere surreali, in uno spettacolo privo di parole: il racconto procede attraverso immagini evocative, scandite dal ritmo distorto di un pianoforte sgangherato, unico elemento sonoro. La narrazione si ammanta di uno humor scuro, sgangherato e “freak”. L’influenza dell’est Europa si fa sentire nelle connotazioni gotiche che ricordano la Praga degli alchimisti o la moderna Berlino Est. L’esaltazione ed il tormento, impulsi opposti, tante volte hanno ispirato artisti vicini a Büchner ma anche a Nadj, dalla letteratura di Dostoevskij e Kafka, alla regia di Kantor.
Nulla è come appare, ogni cosa può nascondere il suo doppio irrazionale; il sentimento non è altro che un pezzo d’argilla pronto ad essere manipolato, e così l’uomo, spogliato della propria umanità, è destinato a diventare un penoso burattino.
Per ulteriori informazioni: www.josefnadj.com
Lo spettacolo è andato in scena il 12 Ottobre 2013 presso il Teatro Metastasio di Prato all’interno del Festival Contemporanea | Articolo e Fotografie a cura di: Simona Fossi