Transfiguration

[Regia Olivier de Sagazan | Interprete Olivier de Sagazan | Teatro Studio di Scandicci | Festival Fabbrica Europa | Organizzato da Fondazione Pontedera Teatro]
Olivier de Sagazan, nato in Congo nel 1959, è naturalizzato francese. Dopo l’interesse per la biologia, si dedica completamente all’arte e riesce ad inventarsi una forma performativa che unisce pittura, scultura e fotografia. Il suo stile espressivo è inimitabile, possiamo definirlo come “performance plastica” o “performance materica”. La serie “Transfiguration” inizia nel 2001 e prosegue fino ad oggi. Il tema è la trasformazione della figura, del corpo, dell’identità. Ogni esibizione, seppur con momenti fissati, prevede una parte d’improvvisazione. L’allestimento minimale concentra l’attenzione sull’artista, che si serve soltanto di se stesso e dell’argilla.
La scena è scarna, buia e silenziosa. Il protagonista, in giacca e cravatta, entra passeggiando e va a sedersi accanto agli strumenti d’artista: l’argilla, l’acqua ed i colori. Qui avviene la metamorfosi: costruendo strati di creta sulla propria faccia, un nuovo viso viene modellato sotto i nostri occhi, un’identità che si forma e si deforma. L’uomo lascia il posto all’animale e poi al mostro. È la spasmodica ricerca d’identità dell’uomo moderno, che rivela le sue ansie, i suoi demoni interiori. La trasformazione si estende successivamente anche al corpo, che si piega, si sfigura. I colori, in particolare l’uso della tempera rossa, rendono ancora più drammatico e “carnale” l’evolversi della trasfigurazione. La figura umana viene smontata e rimontata; perde il suo sesso, diventando donna, compie un omicidio-suicidio e rinasce per evolversi. Si rivela in una creatura umana-animalesca che cerca di staccarsi dal mondo fisico. Allo stesso tempo inquietante e profondamente commovente, questo nuovo corpo fa crollare i confini tra il senso fisico, intellettuale e spirituale.
L’essere che, alla fine, fuoriesce non sembra più appartenere a questo mondo. Urla di rabbia sbattendo il suo corpo sulla parete, si stacca brandelli di carne e, recitando frasi sconnesse, improvvisa una danza grottesca. Un mostro, la cui carnalità prende il sopravvento sull’intelletto, mostrandone la labilità. Un mostro che distrugge la sacralità del volto umano fatto ad immagine di Dio e riporta alla memoria le figure dipinte da Francis Bacon.
È una performance che diventa rito, nel quale l’artista distrugge la propria immagine, così come la propria personalità, provocando le coscienze sul concetto di estetica o di identità. Il volto ed il corpo sembrano così fragili, teneri gusci di un’essenza tumultuosa. Il famoso regista Ron Fricke, autore di Baraka, inserisce questa performance-rito nel suo ultimo film “Samsara”, a testimonianza di una Trasfigurazione in atto nell’intera società contemporanea.
Per informazioni:http://nefdesfous.free.fr/
Articolo e Fotografie a cura di Simona Fossi