Osei Budei Fradei

Savona, un portone del centro storico. Mi infilo, salgo due rampe, valico una pesantissima porta in ferro battuto, scosto una tendina e mi ritrovo in platea sotto un alto soffitto decorato. E’ la magia del Teatro Sacco.
Mentre mi interrogo su quali storie contengano quei paioli timidamente illuminati sul palco, ecco arrivare l’ “ Arlecchino d’ oro “ ( Mantova 2007 ) Enrico Bonavera. Mi racconta del suo incontro con Carolina, vivace ed intraprendente fisarmonichetta, e della sua passione per le musiche popolari come quelle protagoniste di Canzoni senza terra.
Non l’ ho portato molto in giro quello spettacolo – ammette.
Peccato – replico abbassando gli occhi dispiaciuta.
Sono ormai le otto e deve andare a prepararsi, ma prima si siede al piano per scaldarsi, per rilassarsi. Non lo so. Di sicuro mi regala una toccante interpretazione della mazurca francese di Jean Françoise Maixhou Heinzen: L’ Inconnu de Limoise, brano ispirato dal ritrovamento di uno sconosciuto sepolto con la sua cornamusa.
La melodia disegna un piccolo cimitero di campagna, dimenticato nella pianura. Non è né macabro né deprimente, ma un luogo tragicomico e surreale dove “qualcuno, lo spettatore, gioca a guardare l’ altro, l’ attore, che entra dal nero, viene in luce e appare, per annunciare la sua scomparsa.“ ( Maurizio Buscarino )
E così, nella penombra di un angolo del tappeto scenico, l’ attore guarda la maschera che si appresta ad indossare con le sue luci e le sue ombre.
Cinque maschere per cinque Arlecchini ( o Zanni ) increduli, stupiti e spiazzati narratori delle loro morti : il soldato che se la fa addosso, lo Zanni primordiale stroncato dall’ amplesso, quello che muore di fame inseguendo la signora Polenta, quello che ha bevuto troppo vino e quello che ha bevuto troppa acqua annegando nel Po.
Bonavera alterna il teatro agito della Commedia dell’ Arte al teatro di narrazione che parla dei tortelli di zucca del giorno di festa e di altri ricordi di convivialità familiare. Il tutto condito dalle poesie di Cesare Zavattini, anch’ egli originario della sponda bassa del Po. Non bisogna, tuttavia, preoccuparsi di afferrare tutte le parole, quanto piuttosto di seguire i suoni “ masticatori “ del dialetto e il loro potere di evocare così intensamente una sensorialità universale.
Osei Budei Fradei genera una qualità di energia tale da far funzionare tutto perfettamente come una fotografia ben riuscita che racconta senza bisogno di essere spiegata.
Lo spettacolo è andato in scena il 13 febbraio 2016 al Teatro Sacco di Savona.