Nineteen Mantras

Musiche: Riccardo Nova – Regia: Giorgio Barberio Corsetti – Drammaturgia: Giorgio Barberio Corsetti e Riccardo Nova – Coreografia: Shantala Shivalingappa – Danzatori: Hema Sundari Vellaluru e Paride Biasuzzi, Luigi Corrado, Filippo Del Sal, Jacopo Giarda, Sho Kamiko, Vincenzo Turiano – Acrobati: Francesco Mirabile e Zielinski Jacub – Musicisti: Dr Mysore Manjunath (violino), Dr Uday Kiran (voce), BC Manjunath (mridangam e percussioni), Guru Prasanna (kanjira e percussioni) e PMCE Parco della Musica Contemporanea – Ensemble: Paolo Ravaglia (clarinetto), Fabio Bagnoli (oboe), Francesco Dillon (violoncello) – Ideazione immagini: Giorgio Barberio Corsetti, Massimo Troncanetti, Igor Renzetti e Francesco Esposito – Scenografia: Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti – Luci e direzione tecnica: Marco Giusti – Creazione video: Igor Renzetti – Fonica: Roberto Sbriccoli – Costumi: Francesco Esposito – Attrezzeria: Francesca Rossetti – Regista assistente: Fabio Cherstich – Coreografa assistente: Emanuela Tagliavia – Direttore di produzione: Paolo Monaci Freguglia – Organizzazione: Ippolita Nigris Cosattini – Segreteria: Luigia Giammarco
Accademia Teatro alla Scala, Scuola di ballo diretta da Fréderic Olivieri
Produzione Fondazione Musica per Roma, Fondazione MAXXI in coproduzione con Accademia Teatro alla Scala
Produzione esecutiva Fattore K
«Un riflesso del mondo degli uomini e degli Dei catturato dalla scena».
Così Giorgio Barberio Corsetti definisce Nineteen Mantras, spettacolo che nasce dall’incontro tra cultura europea e
indiana attraverso un affascinante e complesso intreccio tra danza, musica, canto, immagini e teatro. Viene rappresentata la profonda relazione tra i miti evocati dai Mantra e la quotidianità della vita umana, tra l’invisibile ed il visibile.
Sono tre gli universi artistici che si confrontano in questo spettacolo: quello musicale di Riccardo Nova, compositore che ama intrecciare sonorità indiane e occidentali, quello visivo di Giorgio Barberio Corsetti, uno dei protagonisti del teatro di ricerca in Italia, da sempre interessato alla ricchezza della cultura indiana, e quello corporeo di Shantala Shivalingappa, danzatrice di Pina Bausch e tra le maggiori interpreti di Kuchipudi, una delle forme della danza classica indiana.
«I mantra indiani – spiega Giorgio Barberio Corsetti – sono forme di devozione e veicoli per raccontare storie. Sono racconti dal profondo significato simbolico che ha a che fare con la realtà e con quello che c’è dietro la realtà di ognuno di noi».
Al centro della scena domina la voce assoluta di un veggente che pronuncia le parole e i suoni dei mantra, che è parola sacra, ma anche formula incantatoria, simbolo, iterazione, suono. Danzatori e
acrobati si muovono in un mondo in cui le concezioni di spazio e tempo non vengono rispettate. Le azioni della vita si espandono l’una dall’altra, come i cicli del mito, che si dissolvono e poi rinascono, in un continuo senza fine.
Nell’infinito rapporto tra ritualità e quotidiano si sviluppa un profondo viaggio nell’animo umano, una fantasmagoria di colori, di suoni, immagini e di parole.
«Il mondo raccontato dai Mantra – conclude il regista e drammaturgo – fa parte di una cultura lontana, ma che ci appartiene, è come un topografia, un rilievo geografico dell’anima».
Articolo e foto: Alessia Santambrogio