L’origine del mondo. Ritratto di un interno

Premio UBU 2012 per drammaturgia, miglior attrice, miglior attrice non protagonista
L’origine del mondo è il titolo di un’opera famosa per lo scandalo: Gustave Courbet ritrae un sesso femminile da vicinissimo. È la donna come culla di civiltà, l’utero come incubatore del tutto. Così questo spettacolo scava nel profondo della coscienza e tira fuori una femminilità senza veli, sfrontata e potente.
Tre episodi, ognuno caratterizzato da un elemento domestico: il frigo, scrigno del cibo ingoiato per noia, rigetta incomprensioni; l’armadio, varco verso il mondo esterno, rigurgita abiti e caos; il lavandino stracolmo di stoviglie, non ripulisce le macchie dell’incomunicabilità. Il primo atto, Donna melanconica al frigorifero, si apre nel buio della cucina: un profilo magro, disegnato dalla luce di un frigorifero aperto, cerca qualcosa da mangiucchiare, non per fame, ma per tenersi compagnia. Daria, afflitta dalla solitudine, dialoga con l’elettrodomestico, solo amico che la sa ascoltare. In realtà, però, non è sola: c’è la figlia Federica, una bambina sveglia, che stenta a capire quella donna così volubile, e l’analista, interpretata dalla stessa attrice, una maschera impersonale ed inquietante.
Nel secondo atto, Certe domeniche in pigiama, la staticità del primo quadro lascia spazio al movimento, con l’irrompere della nonna. Il suo dinamismo sconvolge la tranquillità di una domenica in pigiama: l’ossessivo andare avanti ed indietro, è come il ciclo stesso della lavatrice. Il dialogo con lei si rende impossibile. Nell’ultimo atto, Il silenzio dell’analista, la maschera dell’analista diventa il volto di una donna in carne ed ossa, anch’essa con le sue paure ed i suoi nervosismi. Daria piomba allora in un silenzio ostinato di non-comunicazione fatto di gesti ripetitivi e maldestri.
Nel finale l’analista ridiventa una Federica ormai adulta. Madre e figlia si congedano davanti al lavandino. Madre, figlia e nonna sono una sorta di triade familiare: non c’è epoca, né storia. La vicenda è interamente affidata agli scambi tra i personaggi, lo scopo del testo è far emergere il “nonsense” quotidiano. La messa in scena è minimale: l’ambiente si presenta familiare, fatto di pochi oggetti comuni, luminoso, di un bianco tenue e di elettrodomestici dalle tinte pastello. Il testo è ricco di riferimenti di culturali e filosofici (da Freud e Wittgenstein), sdrammatizzati e utilizzati con leggerezza ed ironia.
Dopo lo spettacolo, la sensazione è quella di uscire da un appartamento dove la vita è andata avanti sempre uguale a se stessa, agita da tre donne che interpretano l’intensità dell’essere umano; il contrasto tra la profondità esistenzialista del male di vivere e la leggerezza dei momenti passati tra gli elettrodomestici. Una meditazione su tutte le umane fragilità, amplificate all’ennesima potenza.
Per maggiori informazioni: Lucia Calamaro
Lo spettacolo andrà in scena l’8 Aprile 2014 al Piccolo Teatro Giraudi – Asti.
Crediti dello spettacolo “Spettacolo in tre atti | Scritto e diretto da: Lucia Calamaro | Con: Daria Deflorian, Federica Santoro, Daniela Piperno | Disegno luci: Gianni Staropoli | Realizzazione scenica: Marina Haas | Aiuto Regia: Francesca Blancato | Produzione e comunicazione: 368gradi, PAV”